Titolo: La memoria rende liberi
Autore: Liliana Segre in collaborazione con Enrico Mentana
Editore: Rizzoli
Pagine: 226
Genere: biografia
TRAMA:
"Un conto è guardare e un conto è vedere, e io per troppi anni ho guardato senza voler vedere." Liliana ha otto anni quando, nel 1938, le leggi razziali fasciste si abbattono con violenza su di lei e sulla sua famiglia. Discriminata come "alunna di razza ebraica", viene espulsa da scuola e a poco a poco il suo mondo si sgretola: diventa "invisibile" agli occhi delle sue amiche, è costretta a nascondersi e a fuggire fino al drammatico arresto sul confine svizzero che aprirà a lei e al suo papà i cancelli di Auschwitz. Dal lager ritornerà sola, ragazzina orfana tra le macerie di una Milano appena uscita dalla guerra, in un Paese che non ha nessuna voglia di ricordare il recente passato né di ascoltarla. Dopo trent'anni di silenzio, una drammatica depressione la costringe a fare i conti con la sua storia e la sua identità ebraica a lungo rimossa. "Scegliere di raccontare è stato come accogliere nella mia vita la delusione che avevo cercato di dimenticare di quella bambina di otto anni espulsa dal suo mondo. E con lei il mio essere ebrea". Enrico Mentana raccoglie le memorie di una testimone d'eccezione in un libro crudo e commovente, ripercorrendo la sua infanzia, il rapporto con l'adorato papà Alberto, le persecuzioni razziali, il lager, la vita libera e la gioia ritrovata grazie all'amore del marito Alfredo e ai tre figli.
RECENSIONE:
non è mai semplice anzi al contrario è molto difficile leggere questo tipo di libri che suscitano diversi sentimenti: rabbia, dolore, paura, senso di vuoto per un periodo storico che fortunatamente la nostra generazione non ha vissuto, ma che non può non conoscere attraverso le testimonianze di coloro che in parte sono sopravvissuti al più grande genocidio della storia dell'umanità.
Sono trascorsi 75 anni da quando milioni di persone, tra cui ebrei, zingari, neri, omosessuali, disabili e oppositori politici sono stati deportati nei campi di concentramento sparsi in varie zone dell'Europa.
Liliana Segre, una giovane e spensierata ragazza di 13 anni, era una dei milioni di ebrei che hanno vissuto la più terribile esperienza della loro vita. Durante quegli anni, Liliana diventa cosciente di cosa significhi la parola odio, di cosa sia la sofferenza, la fame e la solitudine: viene privata di tutta la sua spensieratezza, di tutta la sua felicità, ma soprattutto della sua libertà.
Liliana Segre scrive "il 5 settembre 1938 ho smesso di essere una bambina come le altre": in quella data scopre che essere ebrei nell'Italia del 1938 è una colpa, significa essere esclusi dalle scuole, dai posti di lavoro, dall'esercito, dai negozi... ma soprattutto significa essere esclusi da una società che ti reputa diverso, non meritevole di dignità né tanto meno della vita.
Il 30 gennaio 1944 inizia per Liliana e suo padre il viaggio che li condurrà a Birkenau: un viaggio dal quale solo uno dei due tornerà, ma ove entrambe le anime moriranno.
Liliana Segre: numero 75.190.
Un numero che ha molteplici significati: morte, sopravvivenza, fame, solitudine, terrore, consapevolezza.
Liliana Segre è una sopravvissuta. In questo libro racconta e si rende testimone, come altri prima di lei, di ciò che accadde all'interno dei vari campi di concentramento, della paura, della fame, dell'annientamento psicologico e fisico subito, della cattiveria dei loro aguzzini.
Tutta la sua vita, il suo futuro è stato influenzato da quanto accaduto in quegli anni: Liliana Segre, quella spensierata ragazza, non è mai tornata da quel campo di concentramento, è solo un ricordo lontano.
Come detto all'inizio questo tipo di letture ti lascia senza parole e forse lo scopo è proprio quello di non dire niente, ma di addentrarsi in una lunga riflessione affinché tutto quello che è accaduto non si ripeta, ma al contempo non venga dimenticato.
NON DOBBIAMO DIMENTICARE MAI.
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